I carboidrati, detti anche glucidi, rappresentano un gruppo di macromolecole organiche, presenti in moltissimi alimenti, in particolar modo quelli di origine vegetale. Sono formati da tre elementi chiave: carbonio, ossigeno ed idrogeno. E in base al numero di atomi di carbonio che li compongono prendono il nome di triosi (tre atomi di carbonio), tetrosi (quattro atomi), pentosi (cinque atomi) e così via.
Carboidrati: tutto quello che c’è da sapere
I carboidrati costituiscono la fonte primaria di energia per l’organismo umano. E in abbinamento a grassi e proteine rappresentano i macronutrienti alla base di una alimentazione sana ed equilibrata di tipo mediterraneo. Spesso vengono demonizzati ed esclusi dalla alimentazione: tutto questo ha poco senso, perché l’organismo umano necessita di tutti i macro e i micronutrienti. È bene ricordare che i carboidrati non sono tutti uguali e non tutti sono utilizzati allo stesso modo dall’organismo. Tutte le varie tipologie di zuccheri assunti con l’alimentazione devono essere convertite in glucosio, il monosaccaride per eccellenza. Questo rappresenta lo zucchero che la cellula è principalmente in grado di utilizzare per tutte le sue reazioni biochimiche e le sue funzioni fisiologiche.
Negli alimenti il glucosio può essere presente tal quale o in altre forme. Per esempio disaccaridi come il maltosio (formato da due molecole di glucosio), il lattosio (lo zucchero del latte, formato da una molecola di glucosio e una di galattosio). Il saccarosio (lo zucchero da cucina, formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio). Poi l’amido (un polisaccaride, ossia un polimero, quindi un insieme di tante molecole di glucosio legate tra loro) presente nei vegetali. E il glicogeno (sempre un polimero formato da più molecole di glucosio) presente negli organismi animali, a livello delle cellule epatiche e muscolari.

Carboidrati e alimenti: dove si trovano maggiormente
I carboidrati nelle loro varie forme si trovano in molti alimenti come pasta, pane, riso, farro, orzo, avena, grano saraceno. Cereali, fette tostate, biscotti, cracker, grissini. E altri prodotti da forno, prodotti dolciari e di pasticceria, frutta fresca, frutta secca e frutta essiccata, ortaggi, legumi, latte. Alcuni prodotti caseari e alcuni prodotti alimentari della grande distribuzione. Per esempio come addensanti di prodotti in crema o liofilizzati, salumi o alla base di preparazioni varie (panature, pastelle, guarnizioni, etc).
ll livello di zuccheri e la tipologia di zuccheri presenti nei vari alimenti, ma anche la combinazione con gli altri componenti dell’alimento stesso, per esempio i grassi, le proteine e la fibra, determinano un determinato rialzo della glicemia post-prandiale a livello ematico. Questo valore viene detto indice glicemico. Generalmente, gli alimenti che fanno aumentare la glicemia in modo rapido hanno un alto indice glicemico; quelli che la fanno salire in modo più graduale hanno un indice glicemico basso; quelli che si collocano ad un livello intermedio sono detti a medio indice glicemico.
Alcuni parametri da prendere in considerazione
La velocità con cui la glicemia sale dopo aver mangiato un alimento viene espressa in percentuale. E confrontata con l’aumento determinato dalla somministrazione di una dose standard di glucosio (o di pane bianco), presa come riferimento (indice glicemico=100). L’indice glicemico varia a seconda dell’alimento preso in considerazione. Perché, in base alla sua composizione e alla velocità con cui i carboidrati in esso contenuti vengono digeriti e assimilati.
Gli zuccheri semplici sono generalmente veloci e rapidi da assorbire. Di conseguenza avranno un indice glicemico più alto dei carboidrati complessi (amidi) che hanno bisogno di più tempo per essere digeriti. Oltre all’indice glicemico, è bene considerare anche un altro valore, quello del carico glicemico. Che si ottiene moltiplicando l’indice glicemico per i grammi di carboidrati contenuti nella porzione dell’alimento che è stata consumata.

Quali carboidrati prediligere
In virtù di questi due parametri ci si può orientare sui carboidrati meno “dannosi” per l’organismo. Ricordiamoci però che i carboidrati non sono da escludere dalla propria alimentazione. Infatti, i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana) e le linee guida dell’OMS indicano come percentuale ottimale di assunzione di carboidrati tra il 45% e il 60% della energia giornaliera. Di cui massimo il 10% da zuccheri semplici e il resto da carboidrati complessi. Ovviamente da personalizzare in funzione di età, sesso, condizione fisiologica, stato di salute e livello di attività fisica.
Alcuni carboidrati non possono essere digeriti dall’organismo, quindi non possono essere scissi in molecole più piccole e neppure assorbiti. Tranne in piccola parte a livello del colon, andando così a formare la fibra, che svolge un ruolo importante. Determina una maggiore sazietà tra i pasti e tiene sotto controllo i rialzi glicemici post-prandiali. Ancora, riduce l’assorbimento dei grassi (in particolare quelli saturi) e nel regolarizzare il transito intestinale. Tra i carboidrati che formano la fibra rientrano la cellulosa (polimero di molecole di glucosio disposte nello spazio in modo diverso a quelle dell’amido), presente negli alimenti vegetali.
Le emicellulose, l’amido resistente, i frutto-oligosaccaridi (presenti in molti ortaggi, nella frutta e nei legumi), l’inulina (presente nei carciofi e nella cicoria), la pectina (presente in modo particolare nelle mele), i beta-glucani (presenti soprattutto nell’orzo e nella avena) e altri composti ancora.
Inoltre, esistono i polioli o polialcoli, che sono zuccheri il cui nome spesso termina con il suffisso “olo” e sono naturalmente presenti in alcuni tipi di frutta (per esempio prugne, albicocche, pesche, mele, pere, ciliegie, avocado). Ma anche di ortaggi (cavolfiore e funghi), e nei legumi.

Altre cose da tenere in considerazione
Si differenziano dagli glucidi tradizionali perché hanno un gruppo chimico detto ossidrilico. Di questo gruppo di molecole fanno parte il sorbitolo, il mannitolo, il maltitolo, lo xilitolo, l’eritritolo e l’isomalto. Sono molto utilizzati come dolcificanti perché hanno un potere dolcificante in misura superiore al saccarosio. Oltre che essere acariogeni (non favoriscono l’insorgenza delle carie). Difatti sono usati in tutti quei prodotti definiti ”senza zuccheri”, come ad esempio caramelle, chewing gum, barette.
Anche in alcuni prodotti da forno e alcuni yogurt alla frutta, come anche nei prodotti alimentari destinati a soggetti con patologie come ad esempio i prodotti alimentari per diabetici. I polioli sono spesso usati nei piani alimentari ipocalorici, perché hanno un bassissimo potere calorico. Ma allo stesso tempo non bisogna abusarne perché hanno proprietà osmotiche, quindi richiamano acqua a livello intestinale, con possibile effetto lassativo. Devono essere limitati, quindi, nella dieta di coloro che soffrono di colon irritabile o disturbi importanti dell’asse intestinale.
Si può dire, quindi, che una dieta variata permette di assumere tutti i nutrienti necessari all’organismo, tra cui gli zuccheri, e di non eccedere con i carboidrati “più dannosi” per la salute, orientandosi su quelli complessi e a medio-basso indice glicemico.