Utero retroverso: a sentirlo nominare sembra una condizione patologica in grado di condizionare la vita di una donna. E, in effetti, in passato è stato così: l’utero retroverso veniva considerato quasi una malattia anche dagli stessi medici, che per anni lo hanno ritenuto causa di infertilità femminile, tanto da arrivare a correggere la sua posizione chirurgicamente.
Le donne a cui veniva diagnosticato lo percepivano quasi come un handicap e cercavano ogni soluzione possibile per cambiare questo stato. Per fortuna oggi le cose sono cambiate e chi si trova ad avere questa particolare condizione può stare tranquilla e vivere la sua femminilità esattamente come tutte le altre donne, gravidanze comprese.
Ma poiché si tratta di un argomento complesso e delicato, per saperne di più e per capire meglio cosa sia esattamente l’utero retroverso, abbiamo intervistato la professoressa Irene Cetin, Direttore UOC Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano.

Professoressa ci può spiegare in modo chiaro che cos’è l’utero retroverso?
Per spiegarlo molto semplicemente, bisogna prima di tutto dire che l’utero ha la forma di una pera rovesciata, la cui parte inferiore è ben ancorata al pavimento pelvico e alle strutture intorno, sia connettivali sia muscolari, mentre la parte più alta tende ad essere poco fissa, cioè molto libera.
Questo avviene perché ovviamente l’utero deve poter aumentare di volume nel momento in cui si dovesse verificare una gravidanza e se fosse attaccato da entrambe le parti sarebbe impossibile.
Essendo così mobile non riesce a stare dritto, e, di solito, nella maggior parte delle donne, tende a piegarsi verso la parte anteriore dell’addome, appoggiandosi sopra la vescica. Ci sono poi casi in cui invece tende a cadere all’indietro, e quindi si dice retroverso. In realtà è una variante assolutamente normale della posizione dell’utero.
Una volta si facevano degli interventi, ma oggi si è capito che le donne concepiscono molto tranquillamente anche con l’utero retroverso.
Esistono delle cure?
No, perché fa parte della normalità delle cose e come tale deve essere trattato.
Ci sono dei casi in cui può dare adito a complicazioni?
Fermo restando che si tratta di una condizione assolutamente fisiologica, questo può succedere solo in rari casi, e sempre associato ad altre patologie. Ci sono situazioni in cui l’utero retroverso si attacca alla parte posteriore del bacino perché ci sono dei processi infiammatori o ci sono delle malattie come l’endometriosi che creano delle aderenze che lo tengono bloccato, generando così dei potenziali problemi.
Ma, ci tengo a ribadirlo, questo avviene solo in sporadici casi: non è assolutamente detto che le donne con l’utero retroverso abbiano l’endometriosi, tanto è vero che questa patologia può essere diagnosticata solo in caso di dolore e altri sintomi. E non è nemmeno un’associazione così ordinaria, l’endometriosi può colpire con la stessa frequenza le donne che hanno l’utero antiverso.

In percentuale quante sono le donne con l’utero retroverso? Può essere ereditario?
Volendo fare una stima direi che è una situazione che riguarda il 10-20% delle donne e personalmente mi sento di escludere qualsiasi nesso con fattori ereditari.
Per diagnosticare un utero retroverso è necessaria un’ecografia?
Assolutamente no, spesso si abusa di questo strumento, anche quando non serve. È sufficiente una normale visita ginecologica, il sistema più importante per fare la valutazione di una donna.
Si nasce con l’utero retroverso o può cambiare posizione anche nel corso della vita?
Per la stragrande maggioranza delle donne questa è una condizione in cui si nasce, esistono però alcuni casi in cui un utero antiverso si può modificare. In una percentuale bassissima ci può essere il sospetto che abbia cambiato posizione a seguito di un’infiammazione che ha creato delle aderenze con la parte anteriore dell’intestino.
Sono casi rari e sporadici, in cui c’è una patologia infiammatoria, che si possono verificare anche come conseguenza di un aborto, ma solo perché il raschiamento necessario in queste circostanze per togliere i residui dall’utero, come tutte le operazioni chirurgiche, comporta il rischio di contrarre infezione.